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22 Luglio 2007

Diagrammi

La verità è nei diagrammi !

Questa profezia di Le Corbusier, espressa a metà degli anni trenta in un capitolo de La Ville Radieuse, oggi si avvera. Secondo il grande maestro, infatti, non è pensabile comprendere i processi di trasformazione della vita dell’uomo senza raffigurarne le caratteristiche attraverso una strategica sintesi.

L’efficacia del diagramma sta in larga misura proprio nella sua interdisciplinarità, esso è in grado di agire come mediatore tra quantità differenti ed interrelate, con funzioni esplicative e come una sorta di scorciatoia grafica (parafrasando Peter Eisenmann) alla rappresentazione di fenomeni più o meno complessi. Giovanni Corbellini ne riconosce la valenza applicativa in cui … all’innegabile potere comunicativo di questi grafici, connesso alla corrispondenza tra concetti e loro rappresentazione, si aggiunge il fatto che i diagrammi si propongono come vere e proprie “macchine per pensare”, strumenti dotati di estrema elasticità, capaci di essere precisi e imprecisi allo stesso tempo, di semplificare ed evidenziare fenomeni complessi eliminando tutto il superfluo …

Del resto il ricorso, a volte anche eccessivo, da parte degli architetti e designers contemporanei all’impiego dei diagrammi, come dispositivo analitico-interpretativo o come strumento generativo, è la testimonianza del ruolo centrale di tale strategia al punto da poter concepire il “momento attuale” forse come  l’espressione di una Architettura Diagrammatica. E’ in questo modo che Toyo Ito si esprime nel tentativo di descrivere lo spirito che appartiene alle architetture di Kazuyo Sejima, quasi identificando il processo generativo del diagramma nell’oggetto stesso dell’opera compiuta. Allo stesso tempo Rem Koolhaas cerca di affrancarsi dagli esiti deterministici correlati alle relazioni geometrico-formali attraverso l’introduzione del concetto di indeterminatezza programmatica come nuova strategia di progetto … concepiamo il progetto come strategia piuttosto che come un design: si tratta perciò di trarre il miglior partito dall’impianto efficace ed esplosivo di un certo numero di attrezzature e di offrire al tempo stesso un’esperienza estetica … Il diagramma, in questo caso, diviene la rappresentazione/visualizzazione del programma, strumento ancora aperto a tutte le possibili interpretazioni del nuovo.

In questo contesto, così sbilanciato verso una nuova dimensione iper-concettuale dell’architettura, Vittorio Aureli e Gabriele Mastrigli offrono una visione più critica in cui, pur riconoscendo nel diagramma il dispositivo postmoderno che la cultura contemporanea ha esaltato e assunto implicitamente come valore positivo fino a farne tendenza fondamentale del nostro tempo, si stanno avviando automatismi poco significativi che conducono paradossalmente ad esiti quasi feticistici … Da semplice convenzione rappresentativa e da scrittura bianca del fenomeno architettonico, il diagramma è oggi infatti inteso come l’irrinunciabile, l’irriducibile, lo strumento attraverso il quale è possibile ridurre od aumentare tutte le complessità e le contraddizioni del mondo in nome di una libertà legittimata dai sempre più sofisticati mezzi di produzione Il diagramma in architettura diviene pura rappresentazione semantica dell’idea stessa di movimento, illudendo gli architetti circa la possibilità di liberarsi della fissità dell’architettura, della sua consistenza di oggetto. Ed è per questo che il diagramma, immaginato quale passaggio dalla forma architettonica al carattere relazionale, mutevole, ibrido dello spazio e dei suoi flussi, diventa paradossalmente una vera e propria forma architettonica … La forma architettonica diventa così l’immagine costruita del diagramma. Materializzando l’inconsistenza spaziale del diagramma, la forma architettonica perde il suo fine originario in quanto fatto concreto terminale di un processo creativo … il diagramma diviene il feticcio iconografico in cui il movimento è rappresentato nella più statica mimesi formale.

Certamente affidare al diagramma gli esiti della progettazione, dall’oggetto di design allo spazio architettonico, può risultare estremamente riduttivo e deviante rispetto al ruolo originario che ha rilevato anche Hyungmin Pai (in The Portfolio and the Diagram: Architecture, Discorse, and Modernità in America) ripercorrendo storicamente il processo logico attraverso il quale sono avvenute le trasformazioni dalla progressiva obsolescenza dei sistemi di rappresentazione di tradizione beaux-arts, centrati sulla rappresentazione dell’oggetto in se stesso, verso  esperimenti a favore di più efficaci strumenti grafici capaci di mettere in relazione sinteticamente gli aspetti più compositivi con quelli funzionali, concettuali, temporali, e con tutti quegli elementi che risultano insondabili attraverso la semplice geometria proiettiva ma che costituiscono larga parte degli scenari progettuali contemporanei.

Il progetto architettonico con le sue strategie nasce proprio in questo campo intersoggettivo.

Ben Van Berkel usa questa espressione a conferma della validità del diagramma come elemento attivo della progettazione e sistema vitale della percezione di tutte le criticità di progetto … ricchi di significato, saturi di movimento potenziale, carichi di struttura, i diagrammi si rivelano dopo tutto localizzati in un luogo specifico. Interpretati come attivatori di costruzioni che non sono né oggettive né soggettive, né pre-teoria né dopo-teoria, né concettuali né opportunistiche, i diagrammi si collocano nel campo intersoggettivo dove i significati si (tras)formano in maniera interattiva … Dalla stazione di Arnhem, in cui il diagramma dei flussi urbani rappresenta tutte le modalità di relazione possibile con l’edificio generato dalle “correnti” dinamiche dei diversi tipi di utenza, al progetto per la facoltà di Architettura a Venezia, rappresentato anche per mezzo della “solidificazione” dei vuoti come identificazione delle relazioni dei flussi alle diverse scale di competenza (architettonica ed urbana),  riconosciamo sempre tutte quelle proprietà diagrammatiche che Giovanni Corbellini ha così bene esplicitato in un recente numero di Lotus (127).

La riduzione è, nella elencazione di tali proprietà, una delle funzioni principali del diagramma in cui si opera la sintesi attraverso una compressione selettiva di fattori. Altra “parola chiave” sottesa al sistema diagrammatico è la relazione. Provocare paradossali cortocircuiti logici attraverso l’organizzazione delle relazioni è, per esempio, una strategia fondante in molti dei progetti di MVRDV (basti osservare anche il cd multimediale allegato al loro ultimo manifesto KM3, che potremmo definire come una sorta di libro-ideogramma). Un’altra proprietà rintracciata è la proliferazione, peculiarità con cui il diagramma contribuisce in modo determinante alla definizione dell’apparato generativo dell’attività progettuale, attraverso l’organizzazione di processi piuttosto che nella prefigurazione di oggetti (basti pensare a gran parte del lavoro teorico-pratico di Peter Eisenmann, dove lo strumento di analisi critica coincide quasi in maniera forzata con quello dell’invenzione architettonica). Altri fattori potenziali possono essere contenuti nel mondo dei diagrammi come l’astrazione (ennesimo spostamento di prospettiva dalla definizione di soluzioni all’inquadramento delle questioni) o il significato ideologico che può contraddistinguere il diagramma in modo tale da superare gli stessi contenuti architettonici.

E’ nell’ultima generazione di architetti che possiamo cogliere la rilevanza del diagramma come paradigma ormai imprescindibile. Quando, infatti, i riferimenti progettuali sono direttamente correlati alla teoria del caos piuttosto che alla definizione di un nuovo apparato formale, in modo da concentrare le attenzioni sull’interazione retroattiva tra spazio e relazioni, assistiamo ad una nuova modalità di “raccontare” anche lo spazio della casa. Dalla Virtual House del gruppo FOA (casa che riflette anche molti degli argomenti trattati nel contesto B-blob) alla Housescape di IAN+ (proposta di residenza sperimentale in cui il concetto di “exixtenz minimum” è sostituito dall’”exixtenz maximum” attraverso il sistema di vita delle persone che abitano la casa) le attenzioni dei progettisti sono attualmente tutte rivolte alle dinamiche più astratte ed organizzative rispetto alle definizioni specifiche del manufatto fisico e delle sue proprietà estetiche.

L’attualità di questo termine e la sua potenziale applicazione offre notevoli spunti di riflessione che possono solo introdurre agli aspetti più profondi della materia. E’ possibile, però, concludere attraverso un’esperimento condotto da Joseph Church (citato da Valentina Ricciuti in Scritture Architettoniche) che riconduce tutte le indagini verso una dimensione più intuitiva, in cui riconosciamo il ruolo del diagramma non tanto come sovrastruttura ma come espressione di una esperienza spaziale.

Infatti nel diagramma tracciato da una bambina di cinque anni, alla quale era stato chiesto di disegnare l’appartamento dei genitori, la pianta dell’alloggio risulta ridotta ad una sequenza lineare corrispondente all’azione dinamica dell’andare e venire, attraverso la quale ne ha acquisito l’immagine. In tale rappresentazione risultano molto alterate le relazioni metriche e topologiche dello spazio dell’abitazione. In altre parole, il diagramma dimostra che la percezione dello spazio è funzione di un comportamento motorio.

Che la sintesi estrema dei flussi dinamici richiesta nei processi diagrammatici ci riconduca, attraverso una lenta e faticosissima depurazione, ad una nuova percezione dello spazio con gli occhi di un bambino ?

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